Dipendente o Lavoratore a partita IVA? Alla ricerca dell’identità professionale.

Dipendente o Lavoratore a partita IVA? Alla ricerca dell’identità professionale.

ORIENTAMENTO PROFESSIONALE

Il mondo del lavoro ha subito una trasformazione strutturale nell’ultimo decennio, non solo dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista identitario.

La difficoltà delle imprese nel sostenere il costo del lavoro sempre più alto ha costretto molti a drastiche riduzione di personale dipendente se non, nel caso peggiore, a disfarsene completamente con la chiusura definitiva dell’attività.

Un gran numero di lavoratori si sono così trovati costretti ad affrontare il dilemma della disoccupazione mentre altri si sono dovuti attrezzare trasformando le proprie competenze pregresse, acquisite nella esperienze da lavoratori dipendenti, rinforzate da nuova formazione (sempre più frequentemente agevolata da bandi regionali), in competenze professionali ridisegnando il proprio futuro.

Un fenomeno che parallelamente si è sviluppato nei circuiti aziendali è stato quello di evitare l’inserimento di personale dipendente a vantaggio di forme di collaborazione autonoma che hanno creato a poco a poco un nuovo tipo di identità, il “lavoratore a partita iva”.

Se da una parte le convenzioni per gli stage a 500,00 euro al mese hanno portato manovalanza giovanile nelle aziende, anche in quelle di grandi dimensioni, riducendo così la possibilità ai giovani in età di apprendistato di poter entrare nel mondo del lavoro con contratti adeguati e con prospettive future dignitose, i lavoratori senior, ovvero quei lavoratori con un bagaglio di esperienza alle spalle, non più giovanissimi, ma non certo in età da pensionamento, hanno iniziato a  trovare spazi di lavoro aprendo la partita iva e paventando una autonomia lavorativa ben lontana da quanto richiesto ad un professionista lavoratore autonomo.

Quante volte si sente dire, “io sono una partita iva”, quante volte siamo di fronte ad un rapporto di lavoro esattamente pari ad un lavoro subordinato? Persino le pubblicità riconoscono come categoria professionale “quelli a partita iva”. Gli operatori telefonici, ad esempio, non distinguono più tra aziende e privati, ma tra aziende, privati e partite iva, come se esistesse una categoria di lavoratori chiamata così, come esistono i medici, gli ingegneri, gli avvocati, che appartengono alla categoria dei professionisti, e come esistono gli idraulici, gli elettricisti, i parrucchieri che sono classificati come artigiani.

Ma tutti questi soggetti sono dotati di partita iva se svolgono la propria attività in forma autonoma, perché la partita iva è semplicemente un numero che identifica un operatore commerciale, non è affatto una categoria di lavoratori.

Ma qual è oggi il vero problema?

Premesso che la scelta dell’autonomia professionale possa portare benefici a molti in un Paese come l’Italia in cui la caccia al posto fisso ha creato nel tempo delle falle in termini finanziari e di efficienza di grandi proporzioni, ma non tratterò questo tema in questa occasione, quello che più mi interessa osservare è la condizione che i nuovi lavoratori a partita iva si trovano a gestire.

Il lavoro subordinato ha delle caratteristiche specifiche. Da una parte si tratta di eseguire delle attività lavorative sotto la direzione diretta o indiretta del datore di lavoro, in determinati orari e rispettando certe tempistiche, dall’altra esistono tutele legittimate da contratti collettivi nazionali, diversificati per settore (ad esempio metalmeccanico, chimico, edile, commercio, etc.) che prevedono tabelle retributive secondo livelli di inquadramento e mansioni. Prevedono anche indennità e sgravi per malattia, maternità (congedo parentale) per gli infortuni, prevedono periodi di ferie, ore di permesso, e tutta una serie di opportunità che garantiscono, o dovrebbero garantire la dignità lavorativa e personale di ciascun individuo.

 

Il lavoratore autonomo ha altri tipi di caratteristiche che hanno a che fare con il rischio di impresa e che rimettono alla sua persona tutte le responsabilità di riuscita o meno della sua attività , libero quindi di dedicare al suo lavoro le ore che ritiene necessarie, ad esempio, determinare autonomamente i compensi o prezzi dei servizi. Ma è vero che una stessa tipologia di professionista può richiedere compensi in misura assai diversa e questo è riconducibile al livello di preparazione, di esperienza e di ambiente in cui esso opera.

Questa distinzione, fatta in modo semplice, tra un lavoratore dipendente e un lavoratore autonomo ci pone necessariamente un quesito, chi è il lavoratore a partita iva?

Il lavoratore a partita iva molto spesso è colui che entra in una organizzazione quotidianamente e timbra il cartellino, chi per avere un’ora di permesso o una giornata di ferie si vede decurtare il compenso a fine mese per le ore o le giornate di assenza, chi per riscuotere è costretto a mettersi in fila al pari di tutti i fornitori dell’azienda.

Il lavoratore a partita iva non può ammalarsi, non può pensare ad un figlio, non può permettersi nessun tipo di problema, perché anche i problemi diventano un lusso, e soprattutto il lavoratore a partita iva può essere salutato senza alcun preavviso e senza liquidazione e trovandosi senza lavoro non potrà neanche godere delle indennità di disoccupazione, riservate ai lavoratori dipendenti.

Il lavoratore a partita iva deve trovarsi un commercialista che lo segua e deve sostenerne le spese, perché non ricevendo la busta paga a fine mese deve presentare la fattura, fa fatica a star dietro all’IVA da pagare perché magari quell’iva non è riuscito ad incassarla e si indebita con l’erario, per non parlare delle tasse a fine anno che gli riveleranno che la sua retribuzione è stata a dir poco inferiore al collega dipendente pur svolgendo mansioni inferiori.

Moltissimi si riconosceranno in questa categoria di lavoratori e molti ne incontro quotidianamente. Le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro impongono molto spesso scelte forzate come questa, perché stiamo parlando di lavoratori che per forma mentale, approccio, esperienza ambirebbero ad un posto di lavoro subordinato, magari in una grande azienda, preferibilmente a tempo indeterminato affinché questo garantisca loro la possibilità di progettare il proprio futuro, anche quello familiare, con una certa serenità. Parliamo di coloro che hanno bisogno di far parte di un gruppo di lavoro in cui vi sia un coordinamento per contribuire con competenze e professionalità, che hanno bisogno di una struttura solida per fornire a loro volta una struttura solida alla propria vita e alla propria famiglia.

Ma è anche vero che siamo fatti per adattarci alle situazioni con cui ci confrontiamo, e se il mondo del lavoro è cambiato, forse varrebbe la pena rivederne il modo con cui approcciarsi ad esso.

Farsi seguire in questo processo di cambiamento potrebbe risultare assai utile.

Consapevoli delle proprie capacità professionali, informarsi adeguatamente sul vero funzionamento di una attività autonoma, in termini di gestione produttiva, amministrativa e fiscale, apprendere nuovi sistemi di orientamento alla professione potrebbe permettere a molti di ricucirsi addosso un abito a misura, un vestito più adeguato alle circostanze creandosi anche nuove opportunità allontanandosi da quella aleatoria categoria di lavoratori e permettersi di trasformare una partita iva in un vero professionista.

 

 

 

 

 

 

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